Festa della Repubblica: ma di quale Repubblica stiamo parlando?

Festa della Repubblica: ma di quale Repubblica stiamo parlando?

Rimettere in piedi vere scuole di partito. Basta con i libri dei sogni scritti per obbligo di legge e ignorati il giorno dopo

Ogni 2 giugno si celebra la Repubblica. Bandiera, fanfara, parata. Si parla di libertà, partecipazione, democrazia. Ma basta guardare un attimo fuori dai cerimoniali per accorgersi che la realtà va da tutt’altra parte.
Libertà? È parola grossa quando ogni decisione che conta passa prima dalle stanze dei grandi gruppi economici, dei lobbisti, dei tecnocrati ben seduti in cima alla piramide. Il potere reale è altrove, lo sappiamo tutti.

Nel 1993 ci hanno venduto come conquista l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Risultato? I partiti si sono svuotati, ma le poltrone si sono riempite di chi ha capitali e reti private sufficienti per reggere il gioco. Chi può pagare la campagna, chi ha media, visibilità, appoggi. Non i cittadini. Non gli attivisti.

Democrazia? Facciamo un giro nelle aule elettive e guardiamo da chi sono occupate. Curriculum risibili, fedeltà assoluta ai capibastone, trasformismo permanente. Liste bloccate, clientele, affari incrociati. Una rappresentanza malata che non risponde più al Paese, ma solo a sé stessa.

Partecipazione popolare? Siamo seri. L’astensione è il primo partito d’Italia. Non è un dato: è un grido. E chi sta al governo, o all’opposizione, fa finta di non sentire. Perché il sistema regge meglio se la gente smette di votare. Più astenuti, meno problemi. Più controllabili le urne, più prevedibili i giochi.

I partiti? Oggi sono gusci vuoti, contenitori di potere personale, senza base, senza dibattito, senza visione. Congressi finti, alleanze improvvisate, leader che cambiano bandiera come fosse una mossa di marketing.

E allora: che cosa celebriamo il 2 giugno? Una data, non una sostanza.
Una carta incorniciata, non una pratica viva.
Una memoria, certo. Ma di un’Italia che rischia ogni giorno di diventare solo una pagina da libro di scuola, non una scelta collettiva da difendere.

Perché se la democrazia è solo una parola, allora questa Repubblica è solo una facciata.
E finché le istituzioni non avranno il coraggio di guardare dentro questo vuoto, e ammettere che il Re è nudo, la festa sarà solo una messa in scena.

Con tanto di fanfara.

Ma c’è ancora una strada. E parte da qui.

Riapriamo alle nuove generazioni. Rimettiamo in piedi vere scuole di partito, dove si parli di progetti concreti, di realtà, di politica vera. Basta con i libri dei sogni scritti per obbligo di legge e ignorati il giorno dopo.
Candidiamo persone perbene, con idee, competenze, storia. Non portatori d’acqua, non pacchetti di voti, non nomi da vetrina.

Solo allora, forse, potremo festeggiare davvero la Festa della Repubblica. Non con le parate, ma con le coscienze sveglie.
E con un Paese che ha voglia di esserci, tutto intero.

Matteo Lauria

Redazione Comitato MagnaGraecia