Crotone una periferia allargata: la sfida e’ la rigenerazione urbana.

Crotone una periferia allargata: la sfida e’ la rigenerazione urbana.

Il rilancio dei quartieri marginali e la ricucitura al centro cittadino come sfida di rigenerazione in chiave green e nuovo rilancio della città in un concetto di rinnovata Area Vasta.

Il quartiere Acquabona, il quartiere dei trecento alloggi, il quartiere Vescovatello, il quartiere Villa Giose, il quartiere San Francesco, il quartiere Fondo Gesù, il quartiere Sant’Antonio, il quartiere Marinella, il quartiere Gabelluccia, il quartiere Papanice, il quartiere Poggio Pudano, il quartiere Gabella, il quartiere Margherita  il centro storico ( io non escluderei il quartiere “degli Invisibili”, quello per intenderci attaccato alla stazione ferroviaria ), così come lo Zen a Palermo, Scampia a Napoli, il Corviale a Roma, le Dighe a Genova sono luoghi ai margini

Luoghi non marginali ma certamente luoghi da “rigenerare”. Si tratta senz’altro di luoghi diversi tra di loro. Per conformazione fisica. Per obsolescenza dei fabbricati. Per numero di residenti. E per condizioni sociali. Ma tutti in egual misura interessati da fenomeni di degrado, marginalità, vulnerabilità sociale e materiale, insicurezza, insufficiente o nessuna dotazione di servizi, la cui condizione desta particolare allarme sociale sul fronte della sicurezza, dell’integrazione e della coesione sociale. Come ormai è risaputo, almeno nel resto d’Europa, nelle periferie si concentrano diversi fenomeni di arbitrarietà e irregolarità e oggi proprio le periferie rischiano di trasformarsi nel teatro delle guerre tra poveri e di alimentare il conflitto sociale tra ceti deboli. Crotone in questo senso è un area urbana che si configura come una grande periferia allargata, priva di un centro cittadino di rilievo e di valore e mancante, d’altro canto, di quella che, invece, è una caratteristica tipica delle città italiane, le piazze. Il cuore di una città, dove regnano sovrane le parole, i sorrisi e le grida dei bambini, la rabbia e l’allegria delle persone.

Qualcuno arriva a dire che la piazza è ecumenica e ha qualcosa per tutti, vecchi e giovani, uomini e donne, ricchi e poveri, italiani e stranieri. Crotone non ha una vera e propria piazza. Ne ha, ne avrebbe una, confinata e banalizzata, vuota, grigia, considerata da noi crotonesi come un non luogo, situata nel centro storico: è lì, da secoli, un’agorà posta tra spiritualità e laicismo, ma dimenticata, piazza Duomo. Il presupposto da cui partono queste mie riflessioni è che il rilancio delle periferie può imprimere grande impulso ad una maggiore coesione sociale e, nel caso di Crotone, potrebbe essere di aiuto allo sviluppo. Di qui la necessità, l’obbligo, di mettere in cantiere un grande progetto, con una visione chiara e definita, ambiziosa e audace, ispirato ai principi dell’Agenda urbana europea, sottoscritti anche dall’Italia, con il patto di Amsterdam, il 30 maggio 2016, tra i quali la tutela della qualità della vita, della salute e della sicurezza dei cittadini, l’inclusione sociale, il sostegno all’accesso alla casa e all’abitare dignitoso e sicuro, lo sviluppo di reti per la mobilità sostenibile.

Partendo da esperienze maturate e passate come il contratto di quartiere di Fondo Gesù e il Programma d’Iniziativa Comunitaria Urban II. Inglobando le progettazioni con le quali l’attuale amministrazione comunale ha partecipato, in maniera approssimativa e superficiale, a programmi complessi, il programma innovativo nazionale per la Qualità dell’abitare e il Dpcm per la Rigenerazione Urbana, sui quali eviterò qualsiasi commento per evitare, in questo momento, inutili polemiche. E non trascurando le progettualità di Antica Kroton , di Agenda Urbana e del Contratto Istituzionale di Sviluppo che andrebbero inserite e incastonate nella visione complessiva della città e andrebbero contestualizzate in uno scenario in cui è diventato centrale il tema della rigenerazione urbana. Tutti programmi e progetti iniziali che, in questo senso, potrebbero fungere da leva per attrarre ulteriori e più cospicui finanziamenti. Operazioni sulle periferie per iniziare a ideare, pensare e progettare un Piano Strategico della città per il prossimo decennio, che tra l’altro questa amministrazione non ha ancora presentato alla comunità.

Un progetto strategico per una Crotone del 2030, bella, efficiente, equa, sicura e sostenibile e propedeutico all’adozione del Piano Strutturale Comunale e prodromico ad un eventuale Piano Strutturale Associato, strumento indispensabile per portare avanti e, eventualmente, realizzare una grande area conurbata da far nascere dall’accordo e dalla condivisione tra i comuni di Crotone, Isola Capo Rizzuto, Cutro, Rocca di Neto, Strongoli e Scandale e che posizionerebbe questa nuova area urbana come  seconda città della Calabria. Ribadisco , tornando al tema centrale delle mie riflessioni, che oggi le periferie rappresentano l’effettiva natura delle grandi città , soggette a fenomeni dirompenti come la longevità, la crisi del ceto medio urbano, il multiculturalismo, il disagio giovanile. “L’insediamento periferico non adeguatamente presidiato con servizi pubblici funzionali o istituzionali, ha lasciato pericolosi vuoti soggetti al degrado ambientale, all’insediamento criminale, all’abusivismo e ai ricorrenti fenomeni di illegalità”. Abitare in sicurezza, trasformare il degrado in decoro, per fare questo occorre individuare una struttura dedicata all’interno del palazzo comunale , un punto di riferimento dell’amministrazione comunale con il compito di coordinare la politica per la città e definire annualmente l’Agenda urbana, aperta, in maniera volontaristica, alle associazioni di categoria e agli ordini professionali interessati.

Solo in questo modo , coordinando le politiche urbane con una struttura dotata di poteri, struttura amministrativa e risorse, professionalità ed esperienze si potrà efficacemente affrontare il tema delle periferie, della sicurezza e della rigenerazione urbana di Crotone. “In Italia gli strumenti tradizionali per la costruzione della città pubblica , il piano regolatore generale secondo la legge n. 1150 del 1942, l’espropriazione per pubblica utilità, gli oneri di urbanizzazione , che pure hanno svolto un ruolo importante di promozione e miglioramento delle città, oggi sono insufficienti” e quindi occorre “una riforma legislativa per il governo del territorio, che chiuda l’epoca dell’espansione urbana” e inaugura quella “della trasformazione e della rigenerazione urbana” e tutto questo con “il contributo straordinario per il prelievo e la ridistribuzione della rendita fondiaria urbana, gli incentivi per il rinnovo edilizio, la cessione compensativa delle aree per il verde”.

Solo passando dalle parole alle cose da fare saremo in grado e nelle condizioni di far uscire l’Italia, le sue inimitabili e straordinarie città e i suoi territori, dal degrado e dal decadimento urbano in cui si trova per l’eccessivo consumo di suolo che, complice anche il cambiamento climatico, sta trasformando  il paesaggio e sta frammentando il territorio e che rischia di travolgere l’intero paese , a partire dal Meridione e dalle aree più deboli del meridione come Crotone e il suo territorio. “Rigenerazione urbana”, queste le parole con cui dovremo confrontarci e commisurarci nel prossimo futuro, anni che, del resto, saranno decisivi e fondamentali per ripensare e ridisegnare le nostre aree urbane ed anche quelle extra urbane  e per affrontare le complessità, certe e inevitabili,  che derivano da uno sviluppo che ai più sembra , e a me con loro , inarrestabile e incontrollabile. Bisogna agire , senza perdere ulteriore tempo, approfittando delle imponenti risorse del Piano di Ripresa e di Resilienza e partendo anche dalle piccole realtà urbane e dai piccoli territori come Crotone, per rilanciare un modello di sviluppo fondato sul sulle persone , sul progresso e sul pianeta  e per porre un freno a un modello di sviluppo fondato sulla finanza e sull’uso smodato e sfrenato delle risorse che, in meno di cent’anni , ha dimostrato di essere insostenibile, ingiusto e innaturale. E che dall’Antropocene, già di per sè una sciagura, ci sta portando e ci porterà inesorabilmente all’Eremocene, un’epoca segnata dalle distruzioni e dalla solitudine.

Giovanni Lentini

Redazione Comitato MagnaGraecia