Crotone. Un sistema urbano collassato.

Crotone. Un sistema urbano collassato.

Bisogna trasformare Crotone da luogo monofunzionale a città plurifunzionale.

Intervengo su quella che, negli ultimi giorni, è diventata una “vexata questio” che ha tenuto e sta tenendo impegnati e incollati sui social le migliori menti e le migliori intelligenze di Crotone e lo faccio non tanto per aggiungermi o distinguermi da loro. Assolutamente. Intervengo solo per fare alcune riflessioni. Anzi mi limiterò ad una sola ed unica riflessione. Un’ampia, ma non esaustiva,  riflessione sul sistema urbano crotonese. 


La notte bianca, secondo i filogovernativi, o la notte in bianco, secondo gli antigovernativi, al di la di alcune manchevolezze e di alcune evidenti cadute di stile sulle quali, nel merito e di proposito, non voglio entrare,  ha dimostrato e ha rivelato, al di la delle nostre più rosee o nere previsioni, una cosa su tutte: il sistema urbano di Crotone non funziona. E non funziona perché Crotone è implosa. La città, dopo trent’anni dalla dismissione industriale che ha portato come conseguenza ultima l’impoverimento economico/sociale e culturale di Crotone e del suo territorio, in una sola notte, ha mostrato tutti i segni del tempo e della degradazione. Mostrandosi per quello che è diventata: una città abbandonata, isolata e marginale. Anche suo malgrado. 


E scoprendo tutte queste sue fragilità proprio nel giorno che doveva segnare, almeno nelle intenzioni degli amministratori, e di parte della popolazione, l’inizio del riscatto e del risveglio dopo due anni di torpore e di letargo determinati dall’imperversare della pandemia. Così non è stato. Così non poteva essere, oserei dire. Ritengo sia stato meglio cosi. 


La comunità, in questi giorni prima della fine dell’anno, avrà modo, tra un fetta di panettone e un torroncino, d’interrogarsi sul destino e sul futuro prossimo di Crotone. Di una città, dai crotonesi, amatissima a parole, odiatissima nei fatti. 


Ed io in questa riflessione collettiva, che mi auguro ci sia al più presto e a cui non mi sottrarró, partecipo con alcune mie  idee. Senza dilungarmi molto e senza prospettare o, peggio, dare soluzioni. 


Crotone non funziona perché, almeno da chi ci osserva dall’esterno, appare un corpo malato, debilitato, sfibrato, privo di una propria forza, in cui le varie parti di cui è composta non dialogano e non interagiscono tra di loro. Risultando un organismo in avanzato stato vegetativo. Una città che tra l’altro, e senza colpo ferire, nel tempo è divenuta un’unica e grande periferia. Degradata. Lontana. Abbandonata. E soprattutto triste. In cui anche i luoghi più belli e ricchi di storia, penso a Capocolonna, sono stati ridotti al rango di periferie. Di non luoghi. Crotone, purtroppo, è collassata ed è deflagrata. Crescendo in questi anni per addizioni spontanee. Senza un disegno preciso e precostituito. Ed in assenza di un Piano Strutturale Comunale, e con un piano regolatore vigente datato, obsoleto e superato, la crescita urbana è stata lasciata al caso. E il più delle volte al caos. Con dei buchi neri sparsi per l’area urbana che l’hanno minata all’interno come un virus letale. Aree industriali dismesse. Aree urbane dismesse e abbandonate. Aree urbane prive di una destinazione d’uso e in balia di mire espansionistiche basate esclusivamente sull’edificabilità e sulle volumetria. Aree urbane divenute discariche a cielo aperto. 
Cosa fare per costruire la città che sarà? Partire immediatamente con delle indagini diagnostiche. Utilizzo non a caso questi termini che richiamano la medicina perchè in medicina nessun chirurgo interverrebbe su un corpo malato senza serie e approfondite indagini diagnostiche. Nel caso di Crotone dovranno essere indagine diagnostiche da fare sull’intera area urbana e possibilmente con il supporto di uno o più grandi studi di progettazione urbanistica.Questo significa, in parole meno criptiche e più comprensibili, che bisogna lavorare sull’esistente, sul costruito, confrontandosi con le preesistenze, con le fogne, con i cavi elettrici, con le reti idriche, con le reti stradali e che bisogna dedicare particolare attenzione alle aree dismesse e abbandonate confrontandosi con contesti di rischio idrogeologico, con l’erosione dei suoli, con l’erosione costiera, con le bonifiche e con le poche aree industrializzate rimaste e che dovranno essere delocalizzate. 
Per fare questo occorre preliminarmente dotarsi di queste indagini diagnostiche e dotarsi successivamente di un Piano Strategico Comunale, di un Piano Strutturale Comunale e sicuramente di un Piano Comunale della Rigenerazione Urbana Sostenibile. E questo per permettere a Crotone di passare dall’essere, in questo momento, un insieme caotico di fabbricati, e di aree abbandonate, anonimi, brutti e disordinati e diventare una città. 
Per fare questo occorre rivedere, ripensare, ridisegnare, rafforzare e dare vigore all’area urbana. Riammagliandola. Ritessendola. Ricucendola. E soprattutto trasformando Crotone da grande periferia anonima e informe in un luogo dove si vive 24 ore al giorno.   

E questo che significa ? Significa che Crotone non può essere solo un dormitorio, o solo un posto dove si va a bere un caffè o si mangia una pizza o un panino, o un insieme di spazi dove si va a lavorare o a studiare. Bisogna far in modo che Crotone diventi un luogo urbano. Un luogo di urbanità che non è solo un segno di appartenenza ma è un modo di essere. 
Bisogna trasformare Crotone da luogo monofunzionale a città plurifunzionale.  Una città dove non ci sia solo residenza e dove non si possono solo fare acquisti ma dove ci sono altre attività. Quelle di lavoro. Quelle creative. Quelle culturali. Quelle dei servizi. Per questo bisogna disseminare l’area urbana, tutta l’area urbana, senza distinzione alcuna, di attività pubbliche, quali presidi ospedalieri, presidi di legalità, musei, sale per concerto, biblioteche, asili nido, scuole, strutture sportive e soprattutto piazze. Piazze intese come luoghi d’incontro, di memoria e di socialità. Insomma bisogna trasformare Crotone in un luogo di vita complessa.                                                             

È questa la scommessa a cui, come comunità, siamo chiamati e che il nuovo Piano Strutturale Comunale deve recepire, deve accettare e deve rilanciare ma per farlo tutti i crotonesi devono sentirsi coinvolti in uno sforzo corale.
Per un nuovo protagonismo della comunità. L’unico protagonismo che può dare il senso di una svolta e di un cambio di rotta ormai improcrastinabile e indifferibile.


Il resto, almeno al sottoscritto, appaiono chiacchiere e chiacchiericci che hanno trasformato Crotone nelle condizioni in cui quotidianamente l’osserviamo e la viviamo e delle quali nessuno può dirsi esente da colpe. Sia quelli di prima. Sia quelli di prima ancora. E sia, soprattutto, quelli di oggi.

Giovanni Lentini

Redazione Comitato MagnaGraecia