La fascia jonica calabrese come centro di produzione, distribuzione e impiego su scala locale di idrogeno verde.

La fascia jonica calabrese come centro di produzione, distribuzione e impiego su scala locale di idrogeno verde.

La possibilità di trasformare in impianti green siti industriali dimessi lungo l’area dell’Arco Jonico

Da notizie apprese dalla stampa la scadenza del bando promosso dal Ministero della Transizione Ecologica (MiTE), che metteva in palio 500 milioni di euro di risorse del Piano di Ripresa e di Resilienza (PNRR), è stata rinviata al 31 marzo 2022. 

Rinvio resosi quanto mai necessario per permettere alla Regioni, in particolare a quelle meridionali, eventualmente ritardatari, di non perdere quest’appuntamento quanto mai importante, anche per le imponenti risorse messe a disposizione, e che dovrebbero servire per finanziare la riconversione di aree industriali dismesse o in difficoltà nella quali creare centri di produzione, distribuzione e impiego su scala locale di idrogeno verde, ovvero quelle che il Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza (PNRR) chiama “hydrogen valleys”, aree industriali con economia in parte basata su idrogeno.                                                            

A questo riguardo nella mia qualità di cittadino calabrese vorrei sapere con quali e con quante proposte progettuali la regione Calabria ha partecipato al bando e, soprattutto, con quale visione, e con quale idea strategica a supporto, è stata trasmessa  la raccolta delle indicazioni ricevute dai Comuni e dai territori.

Sono a conoscenza di una proposta inviata al dipartimento regionale dell’ambiente da parte del comune di Crotone, ma oltre a questa proposta vorrei avere contezza se altri territori della fascia jonica, partire dal comune di Corigliano-Rossano, e se imprenditori privati operanti nel Crotonese e nella Sibaritide, e mi sto riferendo non solo all’imprenditoria locale ma anche a  colossi come Eni, A2A, Enel,  hanno presentato loro proposte progettuali. 

E lo vorrei  sapere perché se la transizione energetica, per l’Italia, è una sfida di portata storica, per la Calabria la transizione energetica legata all’idrogeno ha tutti i connotati di una possibile svolta epocale. Una straordinaria opportunità a cui la nostra  Regione e l’intera fascia jonica, devono guardare con convinzione, senza lasciarsi fuorviare da un ambientalismo di facciata e di maniera. 

I nostri territori, quello Crotonese e quello Sibarita, sono territori particolarmente adeguati e offrono molti vantaggi per lo sviluppo della tecnologia di produzione di idrogeno, e del suo impiego, in particolare nell’industria di trasformazione agroalimentare, penso al distretto agroalimentare della Sibaritide. Nel sistema della logistica e nel sistema delle infrastrutture portuali e aeroportuali, penso all’aeroporto di Crotone e ai porti di Crotone e di Corigliano-Rossano. E, per le cose che dirò di seguito, nel ciclo dei rifiuti: il tallone d’Achille della regione Calabria.  

E vorrei sapere se, preliminarmente e a supporto dell’invio della documentazione al Ministero della Transizione Ecologica, la Giunta e/o il Consiglio Regionale hanno  approvato risoluzioni o mozioni per promuovere l’idrogeno come vettore energetico della transizione ecologica, guardando in particolare ai grandi siti industriali dismessi o in difficoltà che, in questo senso, potrebbero avere  un ruolo strategico. Penso al sito industriale dismesso di Eni a Crotone, alla centrale turbogas di Scandale e a quella termoelettrica di Enel a Rossano. 

Vi è da aggiungere infine , ed è utile ricordarlo a questo proposito, che “l’idrogeno non è una fonte energetica, come le rinnovabili o i combustibili fossili, ma un vettore sempre più determinante per immagazzinare, spostare e commercializzare energia, tanto da influenzare in modo profondo la geopolitica dei prossimi decenni. Questo significa però che l’idrogeno venga prima prodotto in qualche modo”.

E se  per la produzione dell’idrogeno le tecnologie privilegiate naturalmente sono quelle rinnovabili, a mio parere, non è da sottovalutare il fatto che  “l’idrogeno cosiddetto circolare, ovvero prodotto a partire da rifiuti non riciclabili meccanicamente ma recuperabili attraverso processi di riciclo chimico, come quelli al cuore della tecnologia “waste to chemicals” ( può essere  )  “un’opportunità per trasformare aree industriali in difficoltà o dismesse  in distretti circolari verdi, dove non si produce soltanto idrogeno  ma si chiude anche il cerchio dell’economia circolare, gestendo in modo sostenibile i rifiuti che tutti noi generiamo ogni giorno e sui quali non può calare una cappa di silenzio omertoso”.

E immediatamente penso alla trasformazione dell’area industriale dismessa dell’ex Gres 2000 srl di Crotone e alla trasformazione dell’area industriale in difficoltà della centrale termoelettrica di Corigliano-Rossano in Distretto Circolare Verde della Magna Graecia ricorrendo ad una pianificazione e progettazione territoriale di area vasta.    

P.S. Due parole, quasi un accenno,, alla tecnologia “Waste-to-chemical“ che riprendo  e riporto in maniera asettica. 

L’approccio “waste-to-chemical”, da quello che ho capito, permette di sfruttare i rifiuti, altrimenti inceneriti o inviati in discarica, come materia prima per la sintesi di nuovi prodotti, dando così una seconda vita al carbonio e all’idrogeno contenuti in questi scarti. Come letto da più parti, anche se per l’occasione riporto dal sito della NextChem, società del gruppo Maire Tecnimont: “La sinergia tra due diversi settori, quello della gestione e dello smaltimento dei rifiuti e quello dell’industria chimica, si traduce in una tecnologia molto promettente, che ben si adatta ai principi dell’economia circolare e che consente di ottenere una riduzione complessiva dell’impatto ambientale elevata, se confrontata con l’approccio tradizionale autonomo dell’incenerimento dei rifiuti e della sintesi convenzionale di sostanze chimiche da materie prime fossili”.

In siffatto modo, mi pare d’aver capito, una materia prima non convenzionale e variabile come i rifiuti potrebbe rappresentare e diventare un opportunità da cui ottenere il massimo poiché, grazie al pagamento di una tassa, permetterebbe di trasformare la materia prima (i rifiuti) da costo a ricavo. Ottenendo in questa maniera la tanto agognata e vagheggiata sostenibilità ambientale ed economica. Un circolo interessante e intrigante se non addirittura virtuoso che io prenderei in considerazione senza ricorrere al trucco, quello dei NO, a prescindere. E, soprattutto, senza entrare nel merito.

Giovanni Lentini

Redazione Comitato MagnaGraecia