Il sipario dei moralizzatori: Quando il “puro” è solo un trucco

Il sipario dei moralizzatori: Quando il “puro” è solo un trucco

La moralizzazione pubblica diventata espediente, un modo per ingannare gli elettori, una tattica di marketing elettorale

Ci risiamo. Ogni campagna elettorale, un refrain che ormai conosciamo a memoria: si levano in piedi figure che si ergono a custodi della morale, a fustigatori dei costumi, a purificatori della politica. Sono i “moralizzatori”, quelli che promettono di spazzare via la corruzione, di ripulire le istituzioni, di riportare l’etica dove, a loro dire, ha regnato solo il malaffare. E noi, stanchi delle solite promesse e delle delusioni, tendiamo a crederci. Ascoltiamo attentamente le loro parole, le loro accuse, i loro proclami di onestà granitica. Speriamo, ogni volta, che questa sia la volta buona, che finalmente arrivi qualcuno a rimettere le cose a posto. Ma, onestamente, quante volte abbiamo assistito a questo spettacolo? E quante volte, dopo l’elezione, abbiamo visto proprio quei paladini della moralità scivolare nelle stesse, identiche, dinamiche che avevano tanto denunciato? La verità è che la “moralizzazione pubblica” è diventata troppo spesso un espediente, una maschera, una tattica di marketing elettorale. Un modo per ingannare gli elettori, per conquistare il loro consenso con un vestito pulito, per poi, una volta seduti sulla poltrona, rifare le stesse cose, seguire le stesse logiche, alimentare gli stessi meccanismi che avevano giurato di combattere. È la “doppia morale” elevata a sistema, un gioco a cui noi, come elettori, non possiamo più permetterci di partecipare.

Non siamo ingenui. Abbiamo visto abbastanza per capire che la vera moralità non si sbandiera sui palchi, non si grida nelle piazze come uno slogan. La vera moralità si dimostra con i fatti, con le scelte, con la coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa. E, soprattutto, la vera moralità non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza per costruire qualcosa di concreto, di utile, di duraturo. È ora di dire basta alle chiacchiere da marciapiede, alle promesse da marinaio, ai proclami vuoti che si dissolvono come neve al sole. Gli elettori calabresi non vogliono più sentirsi dire quanto sono bravi e onesti i candidati, né quanto sono corrotti e incapaci gli avversari. Vogliono risposte. Vogliono progetti. Vogliono una visione.

La Calabria che vogliamo: Un progetto a lungo termine

Dobbiamo alzare lo sguardo, andare oltre la prossima scadenza elettorale, oltre la logica del “tira a campare”. Dobbiamo iniziare a immaginare la Calabria dei prossimi 20, 30 anni. Che tipo di regione vogliamo lasciare ai nostri figli e nipoti? Che futuro possiamo costruire per chi decide di restare, e per chi, magari, vorrebbe tornare? Questo significa elaborare un progetto che abbia una visione complessiva, che non sia un mero elenco di interventi spot, ma un disegno organico che tenga insieme le diverse anime della nostra terra. Prendiamo l’emergenza lavoro, un cancro che corrode la nostra società. Come possiamo creare nuovi posti di lavoro, qui, in Calabria? Non possiamo più pensare a soluzioni isolate. Dobbiamo coniugare le nostre eccellenze. L’agricoltura, per esempio, non è solo un settore produttivo, è anche un custode del paesaggio, un attrattore turistico, un veicolo di identità. Immaginiamo una filiera agricola innovativa, che valorizzi i nostri prodotti autoctoni, che punti sulla qualità e sulla sostenibilità, che sia integrata con il turismo rurale, l’agriturismo, l’enogastronomia. Un’agricoltura che non sia solo produzione, ma anche esperienza, cultura, attrazione. E il turismo? Non possiamo accontentarci di un turismo “mordi e fuggi” o di pochi mesi all’anno. La Calabria ha un potenziale immenso: mare, montagna, storia, cultura, enogastronomia. Dobbiamo puntare su un turismo diversificato, destagionalizzato, che sappia offrire esperienze uniche in ogni periodo dell’anno. Un turismo che sia integrato con le comunità locali, che generi reddito e occupazione stabile, che rispetti l’ambiente e valorizzi il nostro patrimonio. E l’industria pesante? Non dobbiamo demonizzarla a priori, ma nemmeno cedere alle sue “sirene” senza un’attenta valutazione dei costi e dei benefici. Dobbiamo distinguere tra ciò che è veramente compatibile con lo sviluppo sostenibile della Calabria e ciò che rischia di compromettere la nostra bellezza e la nostra salute. Un’industria che sia green, innovativa, che punti sulla ricerca e sull’alta tecnologia, che offra opportunità di lavoro qualificato e non deturpi il nostro territorio.

Digitalizzazione e burocrazia: Velocizzare la Calabria

Ma tutto questo non basta. La Calabria ha bisogno di un salto di qualità nella sua infrastruttura digitale. Un processo di digitalizzazione complessiva dell’intero sistema Calabria non è un’opzione, è un’urgenza. Dalla pubblica amministrazione alle imprese, dalla scuola alla sanità, dobbiamo abbracciare il digitale per snellire i processi, rendere più efficienti i servizi, facilitare la vita dei cittadini e delle aziende. Una burocrazia lenta e farraginosa è un freno allo sviluppo, un ostacolo per chi vuole investire, un incubo per i cittadini. Dobbiamo semplificare, digitalizzare, trasparenza. Non “fare un po’ di meno”, ma “fare meglio e più velocemente”. E qui veniamo a un altro tasto dolente: le opere pubbliche. Trent’anni di attesa per la Sila-Mare, la Sibari-Sila, la galleria di Tarsia, il nuovo ospedale della Sibaritide. Trent’anni di promesse, di progetti bloccati, di cantieri infiniti. È inaccettabile. Gli elettori vogliono sapere come si intende pervenire in tempi brevi alla realizzazione di queste opere fondamentali. Vogliono cronoprogrammi chiari, responsabili identificati, risorse garantite. Non vogliamo più sentire scuse, ma vedere risultati. Non ci interessa chi è stato bravo o chi è stato meno bravo in passato, ci interessa chi ha un piano concreto per il futuro.

Proposte chiare, non chiacchiere

La prossima volta che un candidato vi parlerà di “moralità”, chiedetegli: “Sì, ma quale progetto hai per la Calabria dei prossimi 20 anni? Come intendi creare posti di lavoro qui, non altrove? Come pensi di sbloccare le opere pubbliche che attendiamo da decenni? Come digitalizzerai la nostra regione?”. Non accontentiamoci più del “chi è più bravo” o “chi è più pulito”. Chiediamo proposte chiare, realizzabili, con una visione a lungo termine. La Calabria merita di più delle solite chiacchiere da marciapiede e dei teatrini della doppia morale. Merita un futuro concreto, disegnato con intelligenza e realizzato con determinazione.

Matteo Lauria

Redazione Comitato MagnaGraecia