Auguri a chi ci mette la faccia: un pensiero ai candidati della Calabria

Auguri a chi ci mette la faccia: un pensiero ai candidati della Calabria

Un augurio sincero a chi sogna di guidare la Regione. A chi aspira a un seggio. A chi si mette in gioco anche solo per rappresentare un pezzo di società

La Calabria si prepara a una nuova stagione politica. Tra poche ore le urne si apriranno per eleggere il presidente della Regione e i componenti del Consiglio regionale. Candidati, liste, programmi, promesse, speranze. Tutto il copione della democrazia torna a scorrere sotto i nostri occhi. Prima di ogni analisi, permettetemi un augurio sincero: in bocca al lupo a tutti i candidati. A chi sogna di guidare la Regione, a chi aspira a un seggio, a chi si mette in gioco anche solo per rappresentare un pezzo di società. Perché al di là delle critiche, delle polemiche, delle accuse di privilegio che accompagnano ogni campagna elettorale, la verità è una: candidarsi non è facile. Non lo è per niente. C’è chi dice che la politica sia un mestiere comodo. Una casta di privilegiati che vive distante dai problemi reali. Un ritornello che conosciamo bene e che torna a ogni elezione. Ma se scaviamo oltre la superficie, se guardiamo senza pregiudizio, ci accorgiamo che la politica è anche sacrificio.

Una campagna elettorale richiede energie, tempo, denaro. Richiede soprattutto una tenuta emotiva che pochi immaginano. Oggi il clima politico è diventato aspro, a tratti velenoso. I colpi bassi sono all’ordine del giorno, le offese personali hanno preso il posto del confronto sui programmi. La discussione pubblica si è imbarbarita. Vince chi urla di più, non chi argomenta meglio. In questo scenario, chi si candida accetta di esporsi. Significa mettersi sotto i riflettori, offrire il fianco a critiche, pettegolezzi, attacchi. Significa rinunciare a una parte della propria vita privata, accettare che ogni parola detta o non detta possa diventare un’arma contro. E non dimentichiamo un aspetto che spesso passa sotto silenzio: la politica costa. Fare campagna elettorale richiede risorse economiche. Volantini, comizi, viaggi, incontri. Tutto ha un prezzo. E non tutti hanno alle spalle grandi apparati o sponsor. Molti candidati, soprattutto quelli minori, affrontano spese che incidono sulla vita familiare.

C’è un’altra considerazione che va fatta, ed è forse la più importante. L’italiano medio – e in Calabria questo atteggiamento sembra ancora più marcato – difficilmente si espone. Preferisce restare alla finestra, guardare, criticare. È un atteggiamento comprensibile, per certi versi legittimo, ma resta una posizione comoda. Chi invece si candida, anche con tutti i limiti, compie un passo in più. Decide di metterci la faccia. Di esporsi al giudizio, al consenso o al rifiuto. In un Paese in cui la paura di esporsi è forte, questa scelta va riconosciuta come un atto di coraggio. Certo, la politica di oggi ha perso profondità. Si parla poco di programmi, ancora meno di progetti. Gli slogan dominano, i social hanno ridotto il dibattito a battute e rilanci. Il lavoro di analisi costi-benefici, di studio dei problemi, è spesso assente. Tutto vero. Ma resta il fatto che senza chi si candida, senza chi accetta di scendere nell’arena, la democrazia sarebbe vuota.

Non si tratta di assolvere la classe politica da ogni responsabilità. Chi scrive da queste colonne ha più volte criticato scelte, comportamenti, omissioni. Lo si è fatto con senso civico, con dati alla mano, a volte con severità. E continueremo a farlo, perché il giornalismo ha questo compito: vigilare, denunciare, stimolare. Ma riconoscere il sacrificio della politica non significa rinunciare alla critica. Significa solo non dimenticare che fare politica non è un passatempo. È un compito arduo. Chiunque abbia provato a organizzare anche solo una campagna elettorale sa quanta energia richieda, quante tensioni generi, quanti rapporti umani metta in discussione. Per questo, nel giudicare, servirebbe equilibrio. Non confondere il diritto di critica con il gusto dell’insulto. Non ridurre tutto a pettegolezzo. Non scambiare la politica per uno spettacolo da commentare come una partita di calcio. Uno dei mali più gravi della politica calabrese è l’eccesso di personalismi. Troppo spesso le campagne elettorali diventano scontri tra persone, più che tra idee. Si costruiscono alleanze non sui programmi, ma su equilibri personali. E quando i rapporti si incrinano, tutto crolla. Questo approccio indebolisce la politica stessa. Allontana i cittadini, alimenta sfiducia, fa crescere l’idea che nulla possa cambiare. È un circolo vizioso che dura da decenni. Spezzarlo non è semplice. Ma almeno riconoscere il problema sarebbe un passo avanti. Significherebbe smettere di confondere la scena politica con un ring personale e ricominciare a discutere di progetti concreti. C’è poi un nodo culturale che meriterebbe un editoriale a parte. In Calabria, troppo spesso, i cittadini scelgono il silenzio. Non si espongono, non prendono posizione. È un atteggiamento che nasce da timori profondi, da diffidenze antiche, da una storia segnata da conflitti e da paure. Chi si candida, invece, rompe questo silenzio. Si espone, anche in maniera imperfetta, anche con slogan. Ma si espone. E questo, nel confronto tra la politica e la società civile, resta un punto a favore dei candidati.

L’augurio va a tutti i candidati. Che abbiano la forza di resistere ai colpi bassi. Che trovino il coraggio di parlare di progetti veri, non solo di slogan. Che scelgano di guardare all’interesse generale, non solo a quello personale. Ai cittadini, invece, l’invito è uno: partecipare. Non restare alla finestra. Non ridurre tutto a un lamento. Criticare è giusto, ma votare è ancora più giusto. Alla politica si chiede qualità, serietà, visione. Alla società civile si chiede responsabilità e coraggio. Solo così la Calabria potrà provare a cambiare davvero.

Matteo Lauria

Redazione Comitato MagnaGraecia