Aeroporto Sant’Anna: si strumentalizza la crisi economica per augurarne la chiusura

Aeroporto Sant’Anna: si strumentalizza la crisi economica per augurarne la chiusura

I soliti escamotage centralisti finalizzati a puntare i fari soli su determinati investimenti infrastrutturali.

Le recenti dichiarazioni del presidente di Sacal, lasciano presagire ad un volontà di dichiarare terminata l’esperienza dello scalo pitagorico. È strano! Il governo proclama investimenti miliardari per rilanciare l’economia italiana all’indomani dell’uscita dalla pandemia, eppure si legge di suoni di campane che lascerebbero presagire la volontà di scrivere necrologi su quello che resta l’unico aeroporto dello Jonio. È vero, i centralismi cercano in tutti i modi di resistere, s’adeguano ai tempi, s’intrufolano in ogni scampolo di disgrazia per decretarne il colpo finale. Obiettivo? Semplice, continuare a lasciare lo Jonio in una condizione di soccombenza, in quello stato di gregariato mentale alla “linea ovest” che in questa controversa Regione, da sempre, decide le sorti di tutto il territorio.

Quindi, bene ha fatto l’onorevole Elisabetta Barbuto a sollevare l’incresciosa questione che vorrebbe in siffatte stanze del potere decretare la sottesa chiusura dello scalo Pitagorico, perché sia chiaro il Sant’Anna non è il capriccio del popolo crotonese, ma la necessità ed il diritto alla mobilità di tutta l’area della “Magna Graecia”. Eppure dovrebbe essere abbastanza chiaro, che lo Jonio è stato privato di tutti i diritti che la “normalità” in altri territori, prevede; fra i tanti, il diritto a muoversi in tempi ragionevoli. Sembra quasi una iattura, una punizione divina: l’arco jonico magnogreco deve portare la croce della “colpa” sulle sue spalle. Niente di tutto questo!

È solo un disegno, un maledetto disegno accentratore che vuole continuare a spostare il baricentro dei servizi a ponente, lasciando l’area di levante in una condizione mutilata e deficitaria. Dovremmo piuttosto iniziare a pianificare gli investimenti, perché sia chiaro che quando questa pioggia pandemica terminerà, bisognerà pulire il fango che avrà generato nella fragile economia jonica. Sarà necessario rimboccarsi le maniche ed iniziare ad investire capitali in opere pubbliche, se non vorremo condannarci a morire d’economia qualora il covid dovesse risparmiarci.

Pertanto piuttosto che pensare a fantomatiche chiusure annunciate, programmiamo gli agognati lavori d’ammodernamento della statale 106, che è bene ricordare non congiunge solo Sibari con Roseto, ma Taranto a Reggio Calabria. Non sarà bastevole il terzo megalotto o la variante al megalotto sei. Necessiterà programmare la chiusura del primo anello da Sibari a Simeri, congiungendo quindi il naturale bacino dello Jonio del nord est con il suo scalo aeroportuale di riferimento: l’aeroporto Pitagora, l’aeroporto della Magna Graecia.

Muoviamoci a velocizzare i lavori sulla linea ferrata Jonica facendo in modo che la Sibaritide raggiunga il Crotoniate in 45 minuti e viceversa, in modo da permettere ai sibariti l’usufrutto dello scalo aereo ed ai crotoniati di servirsi dello scalo ferroviario terminal del freccia. Le opere pubbliche hanno senso quando le stesse sono interconnesse, quando l’intermodalità giustifica e suffraga il rapporto costi benefici, quando un’area non è più la conta di una piccola provincia, o di un piccolo territorio annesso alla grande provincia brutia, ma quando questi due piccoli territori si coalizzano facendo rete ed acquisendo la valenza di oltre 400mila abitanti.

Corigliano Rossano e Crotone dovrebbero iniziare, sin da subito, ad imbastire la loro battaglia più grande: riconquistare la dignità negata, rubata, depauperata, disconosciuta. Per farlo non dovranno lottare contro i “capoluoghi storici” e relative “succursali”, semplicemente basterà rapportarsi a questi con pari diritti, pari dignità e pari numeri. L’ultima variabile ha un solo nome: Magna Graecia.

Domenico Mazza

Redazione Comitato MagnaGraecia