Prigionieri del centralismo: province sotto i 350mila abitanti? Un non senso
Una nuova provincia non è la fine del viaggio, ma l’inizio di una nuova Calabria
Quando si discute dell’istituzione di una nuova provincia, è comune sentire l’argomento secondo cui “prima i servizi, poi la provincia”. Ma questo ragionamento non solo è fuorviante, ma rischia anche di oscurare la vera posta in gioco: la provincia non è un fine, bensì uno strumento. La sua creazione rappresenta un’opportunità per ridisegnare gli equilibri territoriali e rafforzare il potere contrattuale per ottenere i servizi stessi. Piuttosto che attendere l’arrivo di investimenti e infrastrutture prima di istituire una provincia, è proprio attraverso l’istituzione della provincia che si creano le condizioni per negoziare e ottenere ciò che manca. Si ha tutta l’impressione che chi usa questi temi sia prigioniero del centralismo! Da tempo, il dibattito sulla riorganizzazione delle province è particolarmente acceso, specialmente quando si considerano le storiche disparità che hanno caratterizzato la gestione regionale. Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria hanno da sempre esercitato una predominanza, accumulando risorse e servizi a scapito delle realtà più piccole come Crotone e Vibo Valentia, che, pur essendo province, faticano a diventare poli produttivi e incisivi sul piano regionale. In questo contesto, la proposta di una nuova provincia Magna Graecia – con doppio capoluogo Crotone e Corigliano-Rossano – potrebbe segnare una svolta. Con circa 410 mila abitanti, questa provincia avrebbe un peso demografico significativo, rivaleggiando con la mastodontica provincia di Cosenza, che verrebbe ridimensionata dagli attuali 700mila abitanti a circa 450 mila abitanti e quella di Catanzaro che si colloca a circa 350mila abitanti. Ciò non rappresenterebbe solo una redistribuzione più equa delle risorse, ma ridisegnerebbe la mappa del potere politico e amministrativo della Calabria.
Perché nessuno sembra cogliere appieno l’importanza di un simile passo? Perché, quando si discute di province, ci si concentra solo sulla creazione di nuovi uffici, sedi amministrative e dipartimenti? Il vero punto non è quanti uffici sorgerebbero, ma il potere decisionale che una nuova provincia può esercitare. La vera rivoluzione sta nel ridisegnare gli equilibri di potere regionali, favorendo una distribuzione più equa delle risorse, dei servizi e delle opportunità. È qui che la proposta della provincia Magna Graecia trova la sua forza: non nella mera creazione di una nuova entità amministrativa, ma nella possibilità di riequilibrare il potere a livello regionale, di rompere l’egemonia delle tre storiche province e di aprire la strada a una nuova stagione di sviluppo per l’intera Calabria. Guardare oltre i numeri e le dimensioni delle province esistenti è fondamentale. Le province di piccole dimensioni, come dimostrano i casi di Crotone e Vibo Valentia, hanno avuto difficoltà a esercitare una reale influenza a livello regionale. Ed anche la proposta di provincia che abbraccia il territorio della Sibaritide e del Pollino ( aldilà della disomogeità territoriale, zone costiere e vallive producono diseconomie), con una popolazione sotto i 250 mila abitanti, rischia di ripetere gli stessi errori, se non supportata da una chiara imposizione demografica. L’attuale assetto regionale ha mostrato tutti i suoi limiti: concentrando risorse e potere nelle mani di pochi centri, ha lasciato vaste aree della Calabria in uno stato di abbandono e marginalità. La proposta di creare una provincia Magna Graecia non è solo una questione di geografia amministrativa, ma una questione di giustizia sociale ed economica. Un’opportunità per ridare voce e dignità a territori che, per troppo tempo, sono stati esclusi dai processi decisionali. Con una provincia Magna Graecia, la Calabria potrebbe finalmente aspirare a una suddivisione più equa delle risorse comunitarie e nazionali, ma anche dei servizi essenziali: sanità, giustizia, trasporti, cultura. È il momento di guardare al futuro con una visione ambiziosa, che non si limiti a replicare modelli del passato, ma che sappia costruire un nuovo equilibrio di potere e sviluppo. Una nuova provincia non è la fine del viaggio, ma l’inizio di una nuova Calabria
Matteo Lauria