Quarto scalo aereo in Calabria, Lauria: “Quando l’aeroporto fantasma diventa slogan”

Quarto scalo aereo in Calabria, Lauria: “Quando l’aeroporto fantasma diventa slogan”

L’esercizio politico trasformato in vuota retorica

In questi giorni mi trovo a riflettere sulla tavola di disegno “per un nuovo aeroporto in Calabria” A Sibari. Il proposito viene lanciato come fosse un’idea semplice, rapida, popolare. Ma dietro apparenza e leggerezza, le domande restano: chi ha studiato il progetto? Chi ha verificato numeri, costi, benefici? Perché, se addirittura in passato un organismo competente come l’ENAC ha respinto l’idea, si torna a riproporla come se fosse acqua fresca? Viviamo in un sistema in cui la relazione tra costi e benefici è diventata centrale: la sanità, le infrastrutture, persino i servizi locali devono rispondere a numeri, criteri, razionalità. E gli aeroporti non fanno eccezione. Eppure, nel nostro caso, si assiste a un’altra scena: un politico o un neoeletto che visita un hinterland, sente un “bisogno” al primo spiffero, sale su una telecamera e proclama “Serve un aeroporto!”. Senza che si veda in pubblico un dossier, uno studio di fattibilità, una proiezione seria. Nel frattempo, questi stessi soggetti siedono in posizioni pubbliche retribuite con migliaia di euro al mese, con responsabilità verso la cittadinanza. E noi cittadini abbiamo diritto di chiedere: si può fare politica sul «sentito dire», sulla «sensazione», sull’improvvisazione? È legittimo proporre infrastrutture strategiche ignorando che nella regione siamo già dotati di tre scali aeroportuali (di cui due – come spesso è stato scritto – “zoppicanti”), mentre si parla ora di un quarto di cui non si capisce bene la domanda, la copertura, la redditività. Si può argomentare che serva maggiore capacità di attrazione, che un nuovo aeroporto possa dare impulso. Sì: ma senza misura la retorica diventa vuota. E quando si dice che è «necessario», bisognerebbe chiedersi per chi, quanto costa, quando rientra l’investimento. Perché in Calabria, con circa un milione e ottocentomila abitanti, tre scali (due in guai) sono già carico: e anziché razionalizzare, migliorare, potenziare gli esistenti, si pensa all’espansione. Vuol dire che la politica è tornata alla semplificazione: basta promettere, basta il microfono, basta la foto. E se poi l’idea non decolla – passando da progetto a cantiere a vuoto o “opera del passato” – chi pagherà il conto? Noi, con le tasse. Chi reggerà la responsabilità politica? Spesso nessuno. In un momento in cui cresce la consapevolezza che le infrastrutture vadano valutate e misurate prima, l’approssimazione è un lusso che il Sud non può permettersi. Questa non è solo critica: è richiamo alla serietà. Non servono annunci quotidiani in diretta. Servono dossier, analisi, confronto pubblico. Perché un aeroporto non è un capriccio, ma un investimento. E allora, che si scelga la via della competenza o quella delle promesse facili. Ma che almeno sia chiaro: la seconda costa caro.

Matteo Lauria

Redazione Comitato MagnaGraecia