Sicurezza ignorata, Lauria: “Perché la 106 salta sempre il tratto più pericoloso?”
Le responsabilità, non solo politiche, di un segmento della statale inghiottito dalle dinamiche centraliste
Un ragazzo di 21 anni ha perso la vita sulla Statale 106, in quel tratto tra Corigliano Rossano e Crotone che tutti conoscono pericoloso. Una carreggiata stretta, segnaletica insufficiente, eppure unico collegamento tra territori che vivono di quella strada. Non è un fatto isolato: è l’ennesima storia di sangue che si aggiunge a un elenco che non dovrebbe più esistere. Negli anni si sono succeduti governi, proclami, promesse. E mentre sull’alto Ionio cosentino si muovono cantieri grazie a finanziamenti già trovati, da Rossano a Crotone resta una mulattiera che non può essere definita “strada europea”. Non c’è colpa di una parte sola: questa è una responsabilità collettiva e trasversale, maturata nel tempo nell’indifferenza generale. Certo, in ogni incidente bisogna distinguere le responsabilità umane. Ma è ipocrisia fingere che quel tratto non favorisca la tragedia. È un’infrastruttura che moltiplica gli errori e condanna chi la percorre. Non servono appelli di circostanza né parole commosse a ogni funerale. Serve la stessa urgenza che ha permesso di finanziare altre tratte. Corigliano Rossano–Crotone non può restare fuori, non può restare un disegno incompiuto. La politica, tanto a destra quanto a sinistra, smetta di illudere e dimostri di avere coscienza: chi guida su quella strada non deve più rischiare la vita solo per andare a lavoro, a scuola o a trovare la famiglia. Ogni giovane che muore lì non è una fatalità: è la prova che chi ha potere di decidere ha scelto di non farlo.
Statale 106, la responsabilità non è solo politica
Negli anni i governi hanno distribuito risorse e promesse. Oggi i cantieri si aprono sulla tratta Roseto–Sibari e poi Sibari–Corigliano Rossano, mentre il segmento più fragile, quello verso Crotone, resta un binario morto, c’è la progettazione ma non c’è la copertura finanziaria per la realizzazione dell’opera. La politica ha la responsabilità dei fondi, questo è evidente. Ma c’è un altro livello che non può più restare nell’ombra: quello dei tecnici, degli ingegneri, di ANAS. Sono loro a dover indicare le priorità. Non sulla base di strategie economiche, ma sulla base della sicurezza. È questo il cuore della questione: con quale criterio tecnico si è deciso di finanziare prima alcune tratte e ignorarne altre, quando i dati indicano chiaramente che il tratto Corigliano Rossano–Crotone è tra i più insidiosi? In chiave di sicurezza, questa strada può essere ritenuta accettabile? Il dubbio resta aperto e brucia. Perché se la politica assegna i soldi, è la parte tecnica che dovrebbe indirizzarne l’uso, segnalando con fermezza dove il rischio è più alto. Se questo non avviene, allora il silenzio diventa corresponsabilità. Non servono più appelli rituali né promesse elettorali. Serve che chi ha voce tecnica la usi fino in fondo. E che la politica, smessi i calcoli, ascolti. Perché continuare a morire su una strada chiamata “Statale” e trattata come una mulattiera non è più tollerabile.
Matteo Lauria