Sette anni dopo: basta con Corigliano e Rossano, questa è una sola città

Sette anni dopo: basta con Corigliano e Rossano, questa è una sola città

La fusione è un fatto. Non è un’ipotesi, non è una proposta ancora da discutere. È realtà.

Sette anni. Non sette mesi, non sette settimane. Sette anni sono passati dalla fusione, eppure sembra che in certi angoli della città il tempo si sia fermato a prima. Una parte continua a ragionare con la logica del campanile: Corigliano da una parte, Rossano dall’altra, e in mezzo dieci chilometri che diventano barriere mentali, più alte di qualsiasi muro. La fusione è un fatto. Non è un’ipotesi, non è una proposta ancora da discutere. È realtà. E una realtà che porta vantaggi: amministrativi, di immagine, di risorse economiche. Questo lo sapevamo già e lo vediamo oggi nei finanziamenti, nei contributi, nelle opportunità che prima non avevamo. Nessuno nega che le difficoltà culturali fossero scritte nel copione, ma non possiamo usarle come scusa eterna.

La responsabilità sociale

Al di là delle responsabilità della politica – che ci sono o non ci sono, e che il cittadino giudicherà – resta una responsabilità collettiva, quella del tessuto sociale. Non si può continuare a piangersi addosso come “coriglianesi” e “rossanesi”. Non è più credibile. Siamo un’unica città, piaccia o no. E un’unica città non può permettersi di sprecare tempo e fiato a discutere se un reparto venga aperto da una parte o dall’altra, se un ufficio stia a sud o a nord. Abbiamo un nuovo ospedale in costruzione, si stanno riorganizzando i servizi nei presidi esistenti. E ancora c’è chi si lamenta: “perché a Corigliano e non a Rossano, perché a Rossano e non a Corigliano”. È un riflesso da anni ’50. Una mentalità che rallenta, che avvelena, che blocca ogni passo avanti.

Serve maturità

La maturità non la si legge negli slogan, ma nel comportamento quotidiano. Ed è lì che siamo indietro. Se un servizio esiste, il problema non è dove sta, ma che funzioni. Se la città vuole crescere, bisogna smettere di dividerla con il righello sulla cartina. Un dialetto diverso non basta a giustificare un fossato. Non è differenza, è solo colore locale. Chi insiste a coltivare nostalgie e divisioni, magari in buona fede, non si rende conto che ogni resistenza è un ostacolo al progresso. Ed è ora di dirlo chiaro: queste resistenze vanno abbattute con fermezza.

Un appello collettivo

È tempo che le agenzie educative, culturali, le famiglie, la scuola, i sindacati, la politica facciano la loro parte. Serve una campagna di sensibilizzazione, serve una presa di coscienza. Perché l’inerzia sociale non la risolve da sola una classe dirigente. La risolve una comunità che decide di diventare finalmente adulta. Allora la domanda resta: quali sarebbero le differenze tra coriglianesi e rossanesi? Spiegatemelo. Dieci chilometri, un accento, una piazza? Se queste sono le differenze, allora non parliamo di identità, ma di alibi. Chi vuole continuare a guardare indietro può farlo in privato. Ma il futuro della città è uno, e riguarda tutti. Ed è ora che lo si cominci a vivere come tale.

Matteo Lauria

Redazione Comitato MagnaGraecia