Arco Jonico, Mazza: “Una Classe Dirigente arroccata al passato che annaspa a cogliere le sfide del futuro”
Un Establishment che non studia e non si evolve riesce a proporre soltanto ciò che la storia ha già bocciato
Non c’è alcun dubbio, nell’agone politico, lo Jonio, riesce a esprimere attori che non brillano per lucidità, valore e competenza. Non trovo altre parole per descrivere una Classe Dirigente incapace di evolversi e guardare oltre. Nonostante il Mondo proceda a velocità supersoniche, tra Corigliano-Rossano e Crotone si continua a incedere con il freno motore tirato. Quando la calma, poi, viene spezzata da azioni apparentemente visionarie, si scopre che le stesse rappresentano l’espressione più becera del rinnovamento e, al contempo, l’imperizia di stare al passo con i tempi. Così, mentre altrove, una Politica lungimirante firma protocolli d’intesa per la realizzazione di nuovi Policlinici, opzioni di Campus universitari, imminenti aperture di metropolitane leggere, restyling di tracciati e nuovi svincoli autostradali, lungo lo Jonio si lanciano petizioni per riabilitare chi confonde la democrazia con un ring. Si esaltano, ancora, Commissioni Consiliari che svolgono il compitino di ricercare e rilegare, in appositi fascicoli, delibere dei Consigli comunali datate di 30 anni. Si apprezzano, altresì, le opinioni di neoconsiglieri regionali che paragonano la Calabria alla Florida, pensando, forse, che i due contesti territoriali siano sovrapponibili. Vieppiù, si disegnano rendering aeroportuali senza uno straccio di studi di fattibilità e incuranti dell’emorragia demografica in cui l’Arco Jonico versa. Dulcis in fundo, a dibattiti di crescita, per tentare una via d’uscita da un pantano che vede i contesti jonici essere sempre ultimi in Italia in ogni statistica, si salutano come conquiste sfalci e potature, nonché la posa di qualche piastrella lungo i marciapiedi delle Città.
La sesta provincia in Calabria: un pensiero che non troverebbe giustificazione neppure a uno spettacolo di cabaret
Quando 20 anni fa l’idea della sesta Provincia calabrese (Sibaritide) fu bocciata in Parlamento, nessuno si stracciò le vesti. Mancavano già allora i requisiti per poter immaginare un ulteriore decentramento in Regione e, inoltre, non esisteva un’idea identitaria e condivisa sulla Comunità che avrebbe dovuto assurgere al ruolo di Capoluogo. Subito dopo l’elevazione di Monza e Brianza, Fermo e dell’ambito BAT, il Testo Unico degli Enti locali venne rimpinguato, nella voce relativa alla istituzione di nuovi Enti, di un tetto demografico e una superficie territoriale minima per poter avanzare richieste di decentramento amministrativo. Contrariamente a quanto pensano gli stolti, la Delrio, intervenuta anni dopo, non influì sul pennacchio provinciale, ma sulla devoluzione dei servizi da Roma. Il decentramento dei servizi amministrativi, fino ad allora concesso senza alcun riferimento demografico all’ambito scorporato da preesistenti contesti, venne fissato su base d’Area vasta e non più su base provinciale. La nuova impostazione normativa, frenò una serie di iniziative rimaste impantanate nel limbo del Parlamento. Non era più la semplice Provincia a rappresentate l’emancipazione di un territorio, ma l’inquadramento di ambiti omogenei, affini e costituiti da almeno 350mila abitanti e 2500km di superficie. La Delrio, invero, non si inventò di cancellare le piccole Provincie. Razionalizzò, piuttosto, la spesa pubblica come già ampiamente fatto durante il ventennio della Seconda Repubblica, con il processo d’aziendalizzazione statale.
Uno sguardo alla storia: le modifiche avvenute in campo nazionale e regionale sulla distribuzione dei servizi agli ambiti periferici
Nel lontano 2008, l’allora Governo Loiero, riformò l’offerta della ex 11 ASL (Aziende sanitarie locali) calabresi creando le ASP (Aziende sanitarie provinciali) e, contestualmente, diede vita alle AO (Aziende ospedaliere) per inquadrare i neocostituiti ospedali HUB (CZ-RC-CS) a riferimento degli ambiti vasti nord, centro e sud Calabria. Sebbene Crotone e Vibo Valentia fossero già Capoluoghi delle rispettive Province da oltre 16 anni, nessuno dei due ambiti, per ovvi criteri demografici, beneficiò di un’AO. Al contrario, i servizi sanitario-ospedalieri del Crotonese e del Vibonese furono inquadrati nel perimetro vasto dell’AO di Catanzaro, oggi Azienda Ospedaliero-Universitaria Dulbecco. Qualche anno più tardi, poi, Trenitalia, che aveva sostituito Ferrovie dello Stato, riadeguò la mappatura della rete ferroviaria italiana, inquadrando la jonica come ramo secco. Risultato? Nessun treno a lunga percorrenza da Crotone verso nord e spazio ai privati con l’offerta su gomma. Con una riforma più recente, Le Camere di Commercio, originariamente ubicate in ogni Capoluogo di Provincia, sono state accorpate sulla base di ambiti comprensivi di almeno 75mila imprese. Di colpo, quindi, le oltre 100 CdC, sono state ridimensionate a 62. Le sedi soppresse, in diversi Capoluoghi italiani, sono state sostituite da dimore di rappresentanza. Anche i distretti Sub-Provinciali INPS, vennero declassati. Si utilizzò per tali uffici l’aggettivo “complessa” a fianco al termine Agenzia. Fortuna che, nell’ultimo caso, la nascita delle Filiali, annoverò tra queste la sede del neonato, al tempo, Comune di Corigliano-Rossano. Questo breve excursus per chiarire, anche ai più incalliti, che la definizione dei servizi periferici da Roma non è stabilità su base provinciale, ma, solo ed esclusivamente, su tetti demografici d’ambiti vasti. Chiaramente, se la Politica jonica non studia quelle che sono state le modifiche storiche intervenute negli anni, non potrà mai partorire idee originali, innovative e, soprattutto, rispettose dei requisiti minimi affinché possano realmente rappresentare il ragionevole tasso di interesse per le popolazioni residenti nell’area perimetrata. Si lancerà, piuttosto, come del resto sta facendo, in idee superate dal tempo e dai fatti, inattuabili e finanche improponibili.
Sibaritide-Pollino: un gigante dai piedi d’argilla. Non servono nuovi Enti. Necessaria la rimodulazione degli ambiti esistenti
A quasi 40 anni dal primo embrione di richiesta d’autonomia nella piana di Sibari, la sostanza del progetto non è cambiata neppure di una virgola. Fermo restando quanto già definito nei precedenti capoversi e considerata l’inutilità di un piccolo Ente, a fianco di una fittizia autonomia amministrativa resterebbe la consapevolezza di una totale impalpabilità politica del nuovo Ente. È al vaglio del Parlamento l’idea di inquadrare nuovamente le Province come Enti a suffragio universale. Tuttavia, non è neppure lontanamente considerata l’idea di istituire nuove Province. Resta in essere, come stabilito dall’articolo 133 della Costituzione, poter rimodulare gli ambiti provinciali esistenti normalizzando Enti sovradimensionati e riequilibrando contesti sottodimensionati. In quest’alveo si inserisce la proposta “Magna Graecia” che non immagina nuove burocrazie per la Calabria. Disegna, piuttosto, ambiti ragionati e omogenei per creare i presupposti affinché gli stessi concorrano efficacemente e sinergicamente alla crescita dell’intero sistema regionale. Un’idea policentrica, dunque, che si contrappone nettamente a ogni scampolo centralista che ha caratterizzato, sin dalla sua nascita, il deviato regionalismo calabrese. Eppure, una Classe Politica spenta, incapace di guardare oltre al piccolo steccato municipale, tanto a Corigliano-Rossano quanto a Crotone, continua a non vedere la bontà di detta visione strategica. Meglio impegnarsi, bontà loro, in progetti che vorrebbero cambiare tutto per non cambiare niente. D’altronde, essere proni ai diktat centralisti è una delle prerogative principali con cui gli Establishment jonici elemosinano candidature nelle segreterie politiche dei Capoluoghi storici.
Uno sguardo al futuro per avviare riforme vincenti da attuare con sussidiarietà
I recenti tentativi di creare nuove sedi decentrate di servizi nelle aree periferiche sembra non ci abbiano insegnato nulla. La vicenda relativa alla possibilità di rifunzionalizzare l’ex tribunale di Rossano, avrebbe dovuto chiarire che il criterio alla base di una riapertura non è la semplice messa in funzione di un Presidio soppresso, ma il suo inquadramento su base territoriale a vasta scala. L’istituzione del tribunale della Pedemontana in Bassano non ricalca l’ex foro bassanese. Amplia, al contrario, l’area di competenza a porzioni dei fori di Treviso, Vicenza e Padova. Sulla stessa scia si inquadrano le probabili aperture in predicato per le città di Alba, Lucera e Corigliano-Rossano. Le dedicate Commissioni parlamentari valuteranno di istituire il nuovo tribunale delle Langhe, tra gli attuali fori di Asti e Cuneo, e il secondo tribunale della Capitanata per razionalizzare l’ambiente geografico dell’immensa provincia di Foggia. Se Corigliano-Rossano non riuscirà a costruire sinergie con Comunità silane e dell’alto Jonio, la possibilità di inquadrare il nuovo Presidio della Sibaritide nella Città jonica sarà sempre più fosca. In funzione di quanto finora descritto, dovrebbe essere interesse della Politica coltivare idee che aprano alle ampie vedute. Qual è il senso di nascondersi dietro flebili processi, ripetitivi e stantii, già monchi numericamente ancor prima di essere concretizzati? Il discorso, naturalmente, vale per la Provincia della Sibaritide che mette su carta 203mila abitanti, rimanendo schiacciata dal peso demografico dei circa 500mila che resterebbero su Cosenza. Ma è altrettanto valido per la questione di un quarto scalo a Sibari che si andrebbe a inquadrare all’interno di una Regione che perde oltre 8000 abitanti l’anno e con una demografia complessiva che non giustificherebbe neppure i tre scali attualmente esistenti. Il vero riformismo non è parcellizzare l’esistente per dare vita a inutili cloni privi di reale autonomia. Al contrario, è necessario promuovere azioni finalizzate a unire e creare proficue sinergie istituzionali tra ambiti omogenei per generare ambienti politico-amministrativi paritetici, in dignità istituzionale, a quelli esistenti. Su questa scia, l’amalgama degli ambiti crotonese e sibarita può rappresentare la biogeocenosi vincente per realizzare un contesto equanime a quello dei Capoluoghi storici. Non esiste altra strada per emancipare demograficamente e, soprattutto, politicamente, tutto l’Arco Jonico calabrese. L’invito, pertanto, a riflettere e soprattutto a evitare di promuovere e sponsorizzare proposte che nell’opinione pubblica di altri contesti geografici suscitano solo ilarità e scherno.
Domenico Mazza