Sulla 106 si muore, ma si parla solo di aeroporti
La tratta Corigliano-Rossano/Crotone resta esclusa: e la sicurezza, chi la decide?
C’è un’ingiustizia che pesa come un macigno sulla Calabria jonica: mentre si celebrano i nuovi lotti della Sibari-Coserie, la tratta Corigliano-Rossano-Crotone resta ferma alla progettazione, dimenticata, e con essa migliaia di persone costrette ogni giorno a viaggiare su un’arteria pericolosa, lenta, logorata dal tempo e dall’indifferenza. Da decenni si parla di sviluppo, di grandi opere, di modernizzazione. Ma non si parla di priorità. Chi decide dove intervenire? È giusto che siano gli organi politici a stabilirlo, inseguendo convenienze territoriali o equilibri di consenso? O non dovrebbero essere i tecnici — gli ingegneri di Anas, i responsabili della sicurezza stradale — a valutare dove si rischia di più, dove si muore di più? La tratta Corigliano-Rossano-Crotone non è solo malridotta: è un tratto ad alto rischio, dove le percentuali di mortalità restano tra le più alte del Sud. Una strada stretta, che attraversa i centri abitati, con tutor e autovelox piazzati ovunque come surrogato di sicurezza. Non basta rallentare per salvare vite, serve ricostruire. Eppure, la scelta politica ha preferito intervenire altrove, su tratti già più ampi e moderni come la Roseto-Sibari-Corigliano, lasciando il resto della costa nel medioevo viario.
Turismo in Calabria
È una questione di giustizia, non solo di asfalto. Se la tutela della vita umana è un valore, allora andrebbe messo al primo posto. Ma sembra che la geografia della sicurezza si scriva altrove: nelle stanze dei ministeri, non lungo la 106 dove la gente continua a morire. E intanto, i sostenitori dell’aeroporto di Sibari restano muti. Nessuno di loro spende una parola per chiedere interventi sulla tratta più pericolosa della regione. Parlano di voli, di collegamenti europei, di turismo. Ma tacciono sul fatto che, oggi, da Crotone a Corigliano-Rossano si impiega ancora più di un’ora, su una strada impercorribile. Se davvero credono nel futuro della Calabria, dovrebbero iniziare da qui: da una carreggiata sicura che porterebbe i residenti della Sibaritide a raggiungere Crotone in poco meno di 40 minuti e rilanciare lo scalo aereo di Pitagora, oggi in affanno. Quali sono gli interessi che ruotano attorno? Cosa si teme? Che lo scalo di Crotone possa prendere il sopravvento?
Il disegno che si sta imponendo è chiaro: una Calabria a due velocità. Da un lato i territori “premiati”, dove le opere avanzano e i cantieri si aprono; dall’altro quelli dimenticati, dove ogni chilometro diventa una trappola. Eppure, la pressione fiscale è la stessa per tutti, i cittadini sono gli stessi contribuenti. Solo che qualcuno vale di più. Nel frattempo, persino i sindaci interessati del basso jonio tacciono, quasi fossero anestetizzati. Le istituzioni locali osservano, forse rassegnate, forse complici. Nessuno chiede che la sicurezza stradale venga trattata come una questione di vita o di morte, non di bilancio o di convenienza. E così, mentre si pianifica l’aeroporto dei sogni, il viaggio più difficile resta quello quotidiano: andare da Crotone a Corigliano Rossano senza rischiare la vita. Finché la politica continuerà a decidere dove si investe e dove si muore, la 106 non sarà una strada, ma un confine: tra chi conta e chi no.
Matteo Lauria