Aeroporto di Crotone, Lauria: “Occasione sprecata da una Calabria che ragiona ancora a orticello”

Ryanair alza l’asticella, ma, sull’Arco Jonico, si continua a discutere come al bar del paese
La notizia è di quelle che fanno rumore. Ryanair sceglie la Calabria come perno delle sue strategie, con 35 destinazioni, otto nuove rotte e un investimento da 400 milioni di dollari. Una crescita che garantisce oltre 2300 posti di lavoro, con quattro aerei basati tra Lamezia e Reggio Calabria. E Crotone, per la prima volta, mantiene una rotta internazionale anche d’inverno: Düsseldorf. Un segnale forte, storico, che testimonia come la provincia pitagorica possa entrare stabilmente nella mappa del turismo europeo. Eppure, mentre la compagnia irlandese alza l’asticella, qui si continua a discutere come al bar del paese: chi vorrebbe chiudere Crotone, chi sogna un aeroporto a Sibari, chi pensa che basti Lamezia. Il solito gioco dell’autolesionismo. Nessuna visione, nessuna strategia, solo campanili che si guardano in cagnesco. Il risultato è che, invece di ragionare come un territorio integrato, capace di sostenere uno scalo e valorizzare le proprie potenzialità, Sibaritide e Crotonese preferiscono ragionare “in piccolo”. Così facendo, ci si consegna ancora una volta ai poteri centralisti, che ringraziano e continuano a concentrare le risorse altrove.
Il paradosso calabrese
Un confronto basta a chiarire l’assurdo. La Calabria ha tre aeroporti: Lamezia, Reggio e Crotone. La Lombardia, che conta dieci milioni di abitanti, ne ha altrettanti: Malpensa, Linate, Orio al Serio. Tre scali per una delle regioni più popolate d’Europa, con un sistema di trasporti che collega ogni provincia in poche ore. La Calabria, con meno di due milioni di abitanti, pretende di fare lo stesso. Ma la differenza non sta nel numero degli aeroporti, bensì nei collegamenti. In Lombardia, arrivare a Malpensa o Orio al Serio è questione di un treno o un’autostrada efficiente. In Calabria, invece, andare da Rossano a Crotone significa pregare che non ci sia traffico, sperare che la 106 non sia bloccata e rassegnarsi a tempi da Ottocento. Non è un problema di quantità, ma di qualità. Non è aprendo nuovi scali che si risolve la questione, ma costruendo infrastrutture che rendano gli scali esistenti raggiungibili e funzionali.
La Sibaritide e il Crotonese divisi dalla 106
La chiave sarebbe stata una sola: la statale 106 Corigliano-Rossano–Crotone. Una quattro corsie che avrebbe permesso di collegare i due territori in 45 minuti, creando un bacino di utenza capace di sostenere lo scalo pitagorico. Ma quel progetto, pur disegnato sulla carta, non ha mai trovato i fondi per diventare realtà. Si è preferito finanziare la Roseto-Sibari- Corigliano Rossano e la Crotone-Catanzaro, rompendo un equilibrio geografico ed economico che poteva trasformarsi in risorsa. La ferrovia, sì, viene elettrificata, ma resta a binario unico: un passo avanti, certo, ma ancora troppo poco per parlare di vera modernità. Così, mentre il mondo corre, noi restiamo a guardare. Con la consapevolezza che un collegamento veloce tra Sibaritide e Crotonese avrebbe reso naturale guardare a Crotone come scalo di riferimento. Un’occasione persa, e non da ieri.
La Sibaritide e il Crotonese divisi dalla 106
La chiave sarebbe stata una sola: la statale 106 Corigliano-Rossano–Crotone. Una quattro corsie che avrebbe permesso di collegare i due territori in 45 minuti, creando un bacino di utenza capace di sostenere lo scalo pitagorico. Ma quel progetto, pur disegnato sulla carta, non ha mai trovato i fondi per diventare realtà. Si è preferito finanziare la Roseto-Sibari- Corigliano Rossano e la Crotone-Catanzaro, rompendo un equilibrio geografico ed economico che poteva trasformarsi in risorsa. La ferrovia, sì, viene elettrificata, ma resta a binario unico: un passo avanti, certo, ma ancora troppo poco per parlare di vera modernità. Così, mentre il mondo corre, noi restiamo a guardare. Con la consapevolezza che un collegamento veloce tra Sibaritide e Crotonese avrebbe reso naturale guardare a Crotone come scalo di riferimento. Un’occasione persa, e non da ieri.
Occasioni mancate via mare
E non è tutto. Perché il territorio avrebbe persino un’altra carta da giocare: il mare. Due porti, Corigliano-Rossano e Crotone, che potrebbero diventare snodi per il turismo e il commercio, per crociere leggere e trasporti interni. Ma anche lì, niente. Nessuna strategia, nessun progetto condiviso, nessuna voglia di guardare oltre l’orticello. Il risultato è che porti e aeroporti restano realtà isolate, non collegate, incapaci di rafforzarsi a vicenda. È l’immagine perfetta di una regione che preferisce dividersi piuttosto che unirsi.
Il gioco al massacro
In questo quadro surreale, nascono proposte che hanno il sapore dell’assurdo. Chi vuole chiudere l’aeroporto di Crotone per farne uno nuovo a Sibari. Chi dice che tanto basta Lamezia. Chi sostiene che ogni territorio deve avere il suo scalo, senza calcolare numeri, bacini d’utenza, prospettive. È il gioco al massacro tipico della politica calabrese: invece di unire, si divide. Invece di valorizzare ciò che c’è, si preferisce immaginare cattedrali nel deserto. Intanto il tempo passa, le compagnie aeree chiedono certezze, i giovani emigrano, i turisti scelgono altre mete. Il punto non è chiudere o aprire, ma far funzionare ciò che esiste. E Crotone, con un’infrastruttura seria intorno, potrebbe diventare il vero aeroporto dell’area ionica.
Ryanair non fa miracoli da sola
Certo, Ryanair porta entusiasmo, tariffe basse e collegamenti internazionali. Ma da sola non basta. La compagnia irlandese investe perché trova condizioni favorevoli: abolizione dell’addizionale municipale, costi bassi, un minimo di domanda. Però la tenuta nel tempo dipende dai numeri. Se i passeggeri non arrivano, se i territori restano scollegati, le rotte si tagliano. È già successo, succederà di nuovo se non si cambia passo. Pensare che la crescita possa reggersi solo su una compagnia aerea è un’illusione. Servono strade, ferrovie, porti, servizi. Serve un sistema, non un episodio.
Matteo Lauria