Riforma elettorale, perché il proporzionale può restituire dignità alla politica

Riforma elettorale, perché il proporzionale può restituire dignità alla politica

Focalizzare il valore dei partiti come elemento fondante della Democrazia

La proposta di una nuova legge elettorale proporzionale riapre un tema che il nostro Paese ha accantonato troppo a lungo: il valore dei partiti. Per anni abbiamo alimentato la convinzione che la scelta diretta dei sindaci, dei presidenti di regione e di altre figure istituzionali avrebbe prodotto velocità, decisione, ordine nei processi. L’idea del capo visibile, distinto dal resto, sembrava rispondere alle inquietudini di una società stanca delle mediazioni. Ma la realtà oggi dimostra altro.

Con i sistemi fondati sull’investitura personale è cresciuta una cultura che premia l’uomo solo al comando e svuota le forze politiche del loro ruolo. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: figure locali percepite come piccoli dominatori del territorio, pronti a intestarsi i successi e a scaricare gli insuccessi, capaci di utilizzare alleanze e liste civiche finché servono alla corsa elettorale, salvo poi tagliare i ponti una volta ottenuto il potere. È una tendenza che ha ridotto la partecipazione, spezzato la condivisione, indebolito il confronto interno alle coalizioni.

Il proporzionale, invece, costringe alla mediazione. E proprio per questo può restituire respiro ai partiti, che tornano ad avere voce nel processo di governo. L’assessore non diventa più l’intimo collaboratore del sindaco ma l’espressione di un progetto politico e di un’appartenenza ideologica. Non è un dettaglio: significa riportare la responsabilità a chi la deve esercitare, creare un legame più forte tra istituzioni e cittadini, allargare il perimetro delle decisioni. I partiti, se messi in condizione di contare, possono tornare ad essere luoghi in cui si discute, si elabora, si cresce.

A chi sosteneva che la scelta diretta avrebbe snellito la burocrazia e accelerato le procedure bisogna chiedere cosa sia cambiato davvero. Oggi, per realizzare una piazza, servono dai tre ai cinque anni. Dall’idea alla conclusione dell’opera si superano spesso almeno i ventiquattro mesi. È evidente che il problema non è la mancanza di un capo forte ma la fragilità di un sistema che concentra poteri senza distribuire responsabilità. La velocità promessa non è mai arrivata, mentre sono cresciuti i centri ristretti di gestione, veri gruppetti legati al destino del singolo e non a un progetto collettivo.

Rimettere al centro i partiti non è un ritorno al passato ma un atto di maturità. Significa riconoscere che una democrazia sana vive di luoghi capaci di formare classi dirigenti, di custodire idee, di garantire continuità oltre le stagioni del consenso. Significa restituire dignità alle appartenenze e rendere di nuovo attiva la partecipazione. La riforma proporzionale può essere l’occasione per invertire una deriva che ha prodotto solo figure isolate e poteri esili, incapaci di costruire comunità.

Riportare equilibrio tra rappresentanza e governo non è un lusso: è la condizione per ricucire un rapporto con cittadini che, oggi, si sentono spettatori di decisioni calate dall’alto. Se la politica vuole tornare ad essere spazio di idee e non vetrina per ambizioni personali, allora la strada tracciata dalla riforma merita di essere percorsa con coraggio.

Matteo Lauria

Redazione Comitato MagnaGraecia