Una leadership plurale a capo di una Classe Dirigente liberalpopolare
Necessaria una forza che unisca e non una che si lasci fagocitare in ragione della preservazione di se stessa
Riflettere su vicende nazionali o, addirittura, internazionali, non è un vezzo ma aiuta anche la percezione dei piccoli fatti, quelli “casalinghi”.
Sono settimane che oriento le mie letture sulle vicende nazionali (Premierato, Autonomia differenziata, Riforma della Giustizia, etc.), ma anche quelle europee(conflitto Russia-Ucraina, Rearm-UE, voto a maggioranza, etc) senza rimuovere ma, anzi, soppesando quelle americane, perché della più antica e influente Democrazia mondiale. E occidentale. Le Riforme di sistema nazionale, di cui sopra, andrebbero affrontate con il concorso di tutti.
Più che in ossequio a Giustiniano, per un elementare rilievo di intelligenza politica e buon senso.
Su Premierato e Autonomia differenziata la spaccatura è inevitabile, con l’attuale clima che attraversa il dibattito Parlamentare e le coalizioni.
Sulla Giustizia, idem per diversa, con l’aggravante, ideologica, da ambo le parti.
E non parliamo di una Riforma generale del sistema giudiziario dalla quale far discendere la qualità e i tempi, soprattutto i tempi, dei processi.
Semplicemente un punto di partenza.
Proprio perché la parte requirente è altra cosa da quella giudicante.
Agli elettori l’ardua sentenza, confidando in una informazione semplificata e oggettiva.
Perché il tema non è l’autonomia della Magistratura che, peraltro, non è minata, ma l’interpretazione di due dei fondamenti del processo: quello requirente e quello giudicante.
In Europa, poi, non potevano inventarsi nulla di peggio, visto il contesto generale, di un “Riarmo Europeo”.
Ma chiamatelo Freedom (libertà) EU o Security (sicurezza) EU: meno aggressivo e più rispondente alla nostra cultura e agli ultimi 80 anni di vita comunitaria.
E, poi, la Presidenza Trump: l’elettroshock che forse serviva all’Europa per capire se è il caso di continuare in questo “andamento lento” e burocratese, trattenendosi in “modalità aereo” rispetto al Mondo, alle sue emergenze e alla sua prospettiva.
Non ho espresso giudizi o orientamenti, pur avendoli per ciascuno, salvo l’ultima considerazione, ma dall’angolo visuale di un europeista federalista convinto.
La conclusione che ne traggo — e che rivolgo come appello nazionale, più che Europeo, perché c’è il PPE che vi assolve — è che manca una grande forza Popolare Liberale e Riformista, di peso elettorale e centrale nel sistema delle alleanze.
Manca, in Italia, una leadership carismatica dei Liberalpopolari, che neanche Berlusconi aveva negli ultimi anni, ma si può ovviare con una “leadership plurale” che sappia darsi un luogo di discussione e meccanismi di selezione della classe dirigente, soprattutto in periferia, che non sia, però, l’investitura di un “sovranismo romano”, ma la scelta diretta di una comunità civile, politica ed elettorale: un luogo di confronto e di consenso orizzontale.
Anni di liste bloccate, o anche di alternanza di genere, hanno prodotto una centralizzazione delle scelte istituzionali sulle quali oggi si pagano prezzi esorbitanti fra Regioni della stessa nazione e nel confronto con i partners europei.
Siamo nel G8 e nel G20, è vero, ma non siamo la 20° economia del Mondo.
Vi siamo più per retaggio storico che non per dati macro economici e, oggi, anche per proiezione demografica.
Siamo senza dubbio un Paese importante nello scacchiere internazionale ma, talvolta, è come se ce lo raccontassimo fra di noi.
Serve una forza che unisca e non una che si lascia fagocitare in ragione della preservazione di se stessa.
Se la DC avesse voluto solo preservarsi non ci sarebbero state stagioni riformiste, sui diritti o sulle libertà, che abbiamo conosciute quando la DC era l’architrave del sistema politico nazionale: il partito Stato.
Quella esperienza non è ripetibile perché non sono ripetibili quegli uomini.
Ma i meccanismi organizzativi, le regole di convivenza plurale e democratica e, in special modo, la comune visione della prospettiva, possono rappresentare un collante.
In Calabria, la leadership di Roberto Occhiuto, và assumendo sempre più connotati nazionali, e, gli appuntamenti prossimi, sembrano confermare questa evenienza.
La Calabria tornerebbe protagonista come non avveniva, ormai, da molti anni.
A maggior ragione dove tutti gli indicatori economici, demografici e di sviluppo, come a Crotone, segnalano punte di cricita’ piuttosto che di fermento.
Cosa faranno i partiti che si richiamano alla leadership di Roberto Occhiuto, organici o in alleanza?
Si lasceranno dividere da un normale rapporto istituzionale fra Governatore e Sindaco, dal quale trarre vantaggi per la Città?
Oppure, costituendosi come coalizione, sapranno alzare la schiena e indicare, in autonomia, una Candidatura autorevole, attrezzata e affidabile?
Più facile a dirsi che non a farsi.
Domenico Critelli
già Assessore Provinciale,
componente del Comitato Magna Graecia,
componente Progetto ZeroSei fusione dei Comuni